Sito a cura del Maestro M. Chiaramida

Categoria: Articoli

Dentro la macchina

Un peculiare organismo meccanico, che nell’arco di molti secoli non ha visto sostanziali trasformazioni, è alla base di un suono così caratteristico. Il meccanismo di produzione del suono è molto semplice: le corde sono messe in vibrazione attraverso il movimento di lamelle metalliche dette tangenti che si trovano serrate alle estremità di ciascuna leva del tasto. Quando il tasto viene abbassato attraverso la pressione del dito, la leva si alza facendo percuotere dalla tangente la corda sul punto corrispondente. Per questo fatto potremmo definire il clavicordo uno strumento a corde percosse diversamente dal clavicembalo dove le corde sono pizzicate.

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Breve storia del clavicordo

Dalle origini al sedicesimo secolo Per secoli il clavicordo è stato lo strumento privilegiato da organisti e clavicembalisti per il loro studio personale la ricreazione

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Il Clavicordo come archetipo simbolico. Ipotesi sulla iconografia delle ‘maddalene’

Tra le numerose prospettive di studio che il clavicordo sollecita — al di là della varietà di forme e tipologie organologiche che assume nei secoli —, l’aspetto simbolico rappresenta un momento di non poco conto. E’ questo un aspetto che affiora in filigrana nel tono linguistico che fin dal Medioevo viene utilizzato in numerosi trattati che illustrano le procedure di calcolo delle misure. La stessa tecnologia su cui si basa il suo funzionamento rinvia in modo diretto ad un atto quasi ancestrale e di natura per così dire archetipica: una corda tesa, risuona nell’ambiente grazie alla sollecitazione di un corpo esterno che la colpisce in un punto preciso, individuato a seguito di uno specifico calcolo geometrico. La diretta discendenza dall’antico monocordo — non a caso uno strumento scientifico di misurazione e verifica, e non uno strumento musicale nel senso comune del termine — alimenta questi rimandi facendone quasi un mito di fondazione.

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